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AMBIENTE. RUFFINO (AZ): FARE DI PIÙ PER SMART CITIES
Il trasporto pubblico locale ha uno sviluppo, per certi versi inevitabile, a macchia di leopardo, anche se in alcuni, ancora troppi casi non esiste. L’idea di ulteriori tagli è intollerabile: è uno dei pochi settori su cui bisogna, al pari della sanità, aggiungere risorse.
Inutile parlare di ambiente se il parco degli autobus in circolazione è fra i più vetusti d’Europa. Il ministro Salvini tenga bene a mente alcuni aspetti, come l’avvio di nuovi tratti di metropolitana necessari per servire le aree dove sorgono ospedali. Troppi proclami creano confusione. Sul cosa davvero farà Salvini è un mistero, parta dalle piccole cose, dal garantire i servizi essenziali. Se davvero il governo vuole contrastare il fenomeno dell’abbandono delle aree interne e dei piccoli Comuni come non considerare strategico un efficiente sistema di trasporto pubblico?
La presidente Meloni rifletta sulla proposta che ieri le ha illustrato Carlo Calenda: l’aumento di 2 miliardi del Fondo sanitario nazionale si risolve, per via dell’inflazione, in un taglio reale dei trasferimenti alle Regioni quando è invece necessario incrementarlo di almeno 6 miliardi. Lo hanno ben compreso i presidenti di ogni colore politico, da Attilio Fontana a Vincenzo De Luca. Le Regioni sono giustamente sul piede di guerra, perché la sanità è il cuore stesso del welfare State. Consideri la presidente Meloni che i tagli “reali” hanno un’incidenza inversamente proporzionale rispetto alle dimensioni degli ospedali e delle aziende. Per esempio, gli “ospedali di comunità”, quelli che servono un bacino di piccoli Comuni per lo più in aree montane e collinari, subiscono tagli sanguinosi, diventando di fatto scatole vuote, poiché servono un bacino di utenti nettamente inferiore all’area metropolitana. Il risultato sarà disastroso: perché significa ingolfare i grandi ospedali e in questo modo incrementare le liste d’attesa, fino a renderle ingestibili. La proposta di Calenda punta al Mes e ai 37 miliardi disponibili per l’Italia. Rinunciarvi significa acuire lo stato di sofferenza dell’intero settore con gravi danni per la salute dei cittadini.
Raccolgo e condivido l’appello, se così può essere definito, del ministro Calderoli a ricreare le province come istituzione elettiva. È allora necessario fare un po’ di chiarezza sui tanti (troppi?) livelli di governo sul territorio. Tornare alle Province come istituzione elettiva non può significare soltanto creare occasioni di “lavoro” per il ceto politico dopo aver ridotto il numero dei parlamentari. Calderoli sa che le Regioni, nate nel 1970, erano state pensate come “ente di programmazione” mentre le funzioni effettive di governo rimanevano in capo a Province e Comuni, con la più che valida ragione che erano le istituzioni più vicine ai cittadini e al territorio.
Quello che è successo negli ultimi trent’anni e sotto i nostri occhi. Abbiamo tutti assistito alla nascita di uno “statalismo regionalizzato” con la produzione debordante di apparati burocratici, sovrapposizioni di funzioni e di ruoli tra Regioni, Province e Comuni. L’autonomia differenziata promette ora, senza rimedi incisivi alle proposte presentate, di costruire 20 piccoli Stati. È il caso, chiedo al ministro Calderoli, di fermarsi tutti e ragionare come meglio organizzare lo Stato?Alla luce di un dato inquietante più di ogni altro: dacché ha preso il via la sussidiarietà istituzionale si sono allargare le distanze fra i diversi territori, fra il Nord e il Sud, e all’interno di una stessa Regione.