"Sanità tradita?”: si apre un dibattito costruttivo





Il Comitato per l’Ospedale di Chieri ha riassunto in un ampio comunicato il significato della serata di lunedì scorso in Sala Conceria.
«Se bisogna costruire un nuovo ospedale, apriamo un tavolo di concertazione». Quella che sembrava potesse diventare una serata a ferro e fuoco tra “Guelfi e Ghibellini” ovvero i pro ospedale unico e il Comitato cittadino per l’Ospedale a Chieri si è chiusa invece con una richiesta all’unisono di dialogo. Dopo mesi di tempesta, botta e risposta sui social network, lunedì sera in Sala della Conceria, gremita di amministratori, tecnici e cittadini durante l’incontro Sanità, falsi miti e vere eccellenze nella sanità piemontese sembra si sia arrivati a una conclusione. Prima di parlare di ospedale unico è necessario un dibattito costruttivo per capire davvero le necessità del territorio, ottimizzando le risorse, senza tagliare sui servizi.

«Io credo che la salute non debba avere colore politico – ha aperto la serata Rachele Sacco, presidente del Comitato cittadino per l’ospedale a Chieri- L’accesso alle cure, il sovraffollamento dei pronti soccorso, la mancanza di posti letto e gli ospedali troppo vecchi, sono solo alcune delle criticità in cui imperversa la nostra sanità, ma questo non giustifica la decisione della Regione di alienare i nostri ospedali per costruirne un altro, chissà come e chissà quando. Lasciando i cittadini nel completo spaesamento. Soprattutto se perdiamo l’ospedale diventiamo alla stregua di una frazione e tutto il tessuto economico sia immobiliare che sociale, subirebbero un danno gravissimo. La creazione di un ospedale unico potrà portare in futuro a ottimizzare i costi, ma nel presente significa tagliare sui servizi, sul personale, aggiungendo costi di realizzazione oltre quelli già spesi negli anni passati per ristrutturare ciò che c’era. In particolare su Chieri si va dismettere una struttura che ha una parte vetusta, ma una appena ristrutturata e costata quasi 13milioni di euro».

Per capire cosa accade nel nostro territorio è però necessario guardare altrove e analizzare diversi aspetti: «Il Piemonte è la Regione con gli ospedali più vecchi di Italia – ha fatto notare il dottor Giulio Fornero direttore qualità e rischio clinico dell’Ospedale Molinette di Torino – Il 70% è antecedente gli anni 40. Nel resto del mondo gli ospedali vengono rimessi a nuovo ogni 35 anni».

Ma il problema vero è un altro, cioè il taglio dei posti letto e dei servizi per sanare i bilanci nella sanità pubblica incrementando la privata:«Nel 2015 sono stati eliminati il 37% dei posti negli ospedali, incrementando in questo modo gli accessi nelle strutture private del 19%- è intervenuto il dottor Domenico Martelli, dirigente medico del pronto soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino – Le strutture vengono cancellate senza che nulla sia dato in cambio. Dicono che l’efficienza di un ospedale non si misura nei posti letto. Ma come si fa senza letti a curare le persone? Aspettano in pronto soccorso, ci supplicano di trovargli un posto, quando non ci insultano e tutto ricade su noi operatori, che applichiamo le scelte politiche, ma non ne siamo artefici».

Si palesa una situazione sempre più drammatica, fatta di esperienze personali che portano alla luce una problematica allargata che non può essere risolta con la semplice costruzione di un nuovo ospedale: «Al Maria Vittoria mancano addirittura i termometri – testimonia il dottor Riccardo Ruà presidente dell’associazione nazionale “Graziani Adelina” contro la malasanità – Non parliamo poi delle liste di attesa: due anni per un intervento alle tonsille. Ci sono poi i tagli all’indotto. Le case di cura che hanno sempre meno fondi e risparmiano sul personale. Anziani che tutta la notte rimangono senza assistenza. Quello che vedo è la necessità di portare alla luce delle paure, senza essere vittime, ma soggetti attivi».

La prima necessità è quella del dialogo tra cittadini e istituzioni: «Molti Comuni si sono fatti avanti per diventare la sede del nuovo ospedale – premette la vicepresidente del Consiglio regionale Daniela Ruffino -E’ un segnale importante che fa capire quanto un ospedale sia fondamentale per un territorio. Chiedo pertanto che venga aperto un tavolo tecnico permanente per lavorare insieme alla salvaguardia della salute dei cittadini. Bisogna far chiarezza. Ho letto che forse a Chieri resterà il pronto soccorso e gli ambulatori, ma non sono notizie ufficiali, ma dichiarazioni arrivate tramite i giornali. Qual è la realtà? Ci sono state forti proteste per la chiusura del Punto nascita di Carmagnola, ora perchè nessuno si scaraventa contro la chiusura dell’intero ospedale?»

Un richiamo alla responsabilità politica locale e alla necessità di valutare anche altre opzioni prima della chiusura: «Il problema dell’ospedale unico non mi riguarda perchè resterò qui solo due anni, quindi posso definirmi super partes e dare un’opinione da esterno – chiarisce subito il dottor Massimo Uberti direttore generale dell’AslTo5 – Le difficoltà e i limiti di questi tre ospedali sono tanti. In primis la vetustà delle strutture e la mancanza di specialità cliniche per renderli dei Dea di primo livello. Per mettere a norma i tre nosocomi ci vorrebbero 30milioni di euro».

Ma per costruirne uno nuovo la spesa si aggirerebbe intorno ai 300milioni: «L’odore delle banconote è uguale per tutti – non ha mezzi termini Ugo Cavallera già assessore regionale alla Sanità e ai servizi sociali nella passata Giunta Cota – Ogni anno lo Stato mette sempre meno fondi a disposizione delle Regioni. Dal 2010 al 2015 il Piemonte ha chiuso i bilanci in pareggio, anzi con qualche milione di euro in meno, cercando di colmare i buchi delle amministrazioni passate. Ma manca una comunicazione chiara e netta del servizio sanitario»

Lascia a desiderare anche quella verso la popolazione come ammette, suo malgrado, il sindaco di Chieri Claudio Martano:«L’ospedale unico è stato votato all’unanimità, ma forse ho dato per scontato qualcosa e il percorso di partecipazione cittadina non ha preso la giusta direzione – ammette il primo cittadino – Bisogna andare oltre la visione politica e rispondere alle urgenze»

Sui territori però la situazione è già complicata, lo testimonia il vicesindaco di Brandizzo, Paolo Bodoni, anche medico di base: «I medici di famiglia non ce la fanno più. Siamo nella situazione dove la continuità di cura ce l’accolliamo noi, con i nostri soldi. E il taglio dei posti letto ricade nell’assistenza territoriale, senza che però ci sia una reale pianificazione»
L’obiettivo diventa quindi capire quale sia la giusta direzione da prendere, facendo le corrette domande e risposte:«La soluzione è creare una commissione, un tavolo tecnico che possa elaborare delle proposte – è certa Sacco- Noi come Comitato abbiamo fatto degli studi di fattibilità per mantenere a Chieri l’ospedale. Se bastano 30milioni per mettere a posto i tre nosocomi esistenti e ce ne vogliono 300milioni per crearne uno nuovo la risposta mi sembra chiara»

E a rincarare la dose interviene Gianfranco Visca, sindaco di Trofarello: «Ho il groppo in gola a ripensare che ho patito un definanziamento da 1milione di euro per la Casa della Salute che davvero avrebbe portato alla continuità delle cure. Con anziani che mi fermano in paese e mi chiedono ancora il perchè di quella scelta, mentre ora dalla Regione stanno proponendo Cambiano come location. Ma affinchè quell’area possa essere usata dovranno essere spesi altri 30milioni di euro per mettere a posto il passaggio ferroviario. Non voglio dire altro»

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